Decidere di correre una maratona, per me, è stata una scelta pensata e voluta. E ho deciso che questa avventura sarebbe stata il mio regalo di compleanno, per i miei 40 anni. Le mie amiche mi hanno presa in giro e dato della matta; oggi posso dire che mi sono fatta il regalo più bello!
Ho scelto Firenze perché è una città che ho nel cuore e perché, a detta di tutti, è una delle maratone più belle.
Firenze ti prende per mano dal primo km fino al traguardo. E quello che ti lascia dentro è immenso e devastante.
Domenica mattina, dopo una notte insonne dalle 3.32, mi sento abbastanza tesa: ho persino lo stomaco chiuso e non riesco a fare una bella colazione come vorrei.
Comincio a stemperare un po’ la tensione mentre percorro i km per raggiungere il deposito borse: si respira già un’atmosfera magica… il lungarno, il Ponte Vecchio, l’Arno in cui si riflettono i colori del cielo semicoperto da nuvole, da cui fa capolino un timido raggio di sole.
Sole che finalmente inizia a splendere pochi secondi prima del via, suscitando un’ovazione e un applauso tra i runners già disposti in griglia. Una carica pazzesca!
Ovviamente, io sono nell’ultima, quella fucsia e siamo tantissimi: 10.000 iscritti, 8.179 atleti in gara, di cui circa 2.000 donne. Mi chiedo come farò a districarmi e uscire da quel gruppone che mi precede.
Infatti, per i primi tre km sono rimasta in un ingorgo, correndo ad un ritmo molto basso rispetto a quello che mi ero prefissata. Era impossibile aumentare il passo. Panico. Ma sto calma, penso che avrò tempo per recuperare, ho tanti km davanti a me.
Riesco a farlo verso il 7° e a prendere finalmente il ritmo, quando siamo in zona parco delle cascine, dove la strada è ampia e si riesce a correre bene.
Mi affiancano due runners della Società Barletta Sportiva (Michele e Damiano che ringrazio infinitamente!) che da quel momento diventano i miei compagni di passo, alternandoci per il ritmo e per recuperare terreno. Nel frattempo, incrocio due RD, Walter e Luca, li saluto e mi presento. Mi sento a casa!
Intanto comincio a prendere confidenza con questa corsa: i ristori, gli spugnaggi, le emozioni da contenere ad ogni cosa che ti capita.
Il tifo è forte e bellissimo: la gente ai bordi delle strade, i volontari presenti ovunque, le band musicali. Per non parlare dei Runner “atipici”: quello vestito da Geronimo che mi urla “Vai Ramona, vai all’attacco e sbranati Firenze”. Quello che corre con la parrucca bionda e uno vestito da dama.
Arrivo al trentesimo e sto bene. Purtroppo ho perso gli amici di Barletta, restando “sola” per tutto il resto del percorso. Però ho recuperato i palloncini delle 4:00 ore e per qualche metro resto con loro, perché il clima è bellissimo: urlano frasi di incoraggiamento e chi li segue risponde urlando. Io sto in silenzio, ascolto, guardo, catturo questi istanti e “tengo il fiato” come mi aveva consigliato il nostro Max.
Arrivo al 36° e la fatica comincia a farsi sentire. Al 38° sono abbastanza in crisi: non guardo più il Garmin perché i minuti scorrono e io mi sento ferma. Sono in un limbo di sofferenza e fatica, ho una tremenda paura di non farcela.
Arrivo al 40° e c’è un ristoro. Ho pensato di non fermarmi perché temevo di non ripartire più. Ma purtroppo avevo sete: un volontario gentilissimo mi incita, mi passa prima un po’ di acqua e poi dei sali. E mi spinge con la mano, perché “non ti puoi fermare adesso”. Faccio dieci passi e riparto.
Ma il cervello è spento, non sento più i piedi, il cuore batte e il traguardo è lì.
Mi guardo attorno e vedo che siamo tutti nella stessa situazione.
Una delle cose più difficili, è stato vedere tanti runners stare male: chi bloccato dai crampi, chi da problemi di stomaco. Bruttissimo sentire uomini urlare che non ce la fanno più. Che non riescono ad andare avanti. E vorresti fare qualcosa, ma l’unica cosa che puoi fare e che ho la forza di fare è sfiorarli con una mano e regalare un sorriso.
Gli ultimi duecento mt li ho fatti piangendo. Ho guardato il cielo e ho mandato un bacio al mio papà.
Ce l’ho fatta. Non so ancora come, ma ce l’ho fatta.
Tremo, piango, sorrido, ringrazio il volontario che mi mette quella meravigliosa MEDAGLIA al collo e mi dice “sei stata brava”.
Eh sì, forse un pochino lo sono. Ho realizzato un sogno. Correre una maratona.
Un viaggio immenso, dentro sè stessi, bellissimo e devastante.
Oggi ripenso a ieri, rivivo istanti di quei 42km e mi commuovo, perché lo sento che nulla sarà più come prima. E sono ancora drogata di endorfine!
Ringraziamenti
Desidero ringraziare tutti i RD che in questi mesi mi hanno seguita, mi hanno accompagnata tra tapasciate e competitive, mi hanno regalato i loro consigli e trucchi da maratoneti esperti. Vi ho pensato, e mentre lo facevo vi ringraziavo. Perché se ieri ho conquistato Firenze, lo devo anche a voi.
Grazie al runner che al traguardo mi ha chiesto se ero di Monza perché mi aveva vista allenarmi al parco, che mi ha detto che sono forte e che si è commosso con me. Momento indimenticabile.
E vi chiedo scusa per non aver corso con la nostra maglia, ma avevo fatto una promessa che desideravo mantenere, per regalare un sorriso a bimbi che ne hanno bisogno.
Dedico questa medaglia a mio marito Luca, per esserci sempre. E ai miei figli, Riccardo e Ludovica, perché possano coltivare le loro passioni, avere dei sogni e sapere che, sì, i sogni possono diventare reatà!
p.s.: Chi viene a Roma [16 aprile 2016]? 🙂
Scritto da Ramona